Per poter cogliere il senso di Colore Identità è necessario conoscerne il contesto.
San Sperate è un paese di circa 8.000 abitanti che sorge tra due fiumi, il rio Mannu ed il rio Flumineddu (rio Concias), nella pianura del Campidano, a circa 15 Km dal capoluogo di provincia e di regione: Cagliari. In passato denominato Orticedro per le sue ottime produzioni di arance e di pesche, sino agli anni sessanta era un paese come tanti.


il lavoro nei campo nel periodo successivo alla II guerra mondiale

Un paese di terra

Lo spazio pubblico, rappresentato dalla strada, era caratterizzato dalla monocromia. La pavimentazione stradale era in terra battuta e le facciate degli edifici in mattoni di terra cruda. Il marrone della terra era quindi il colore dominante, contrastato dall'azzurro del cielo e dal verde della vegetazione.
Lo spazio privato, con la tipica tipologia della casa campidanese, chiusa in se stessa, definiva un elemento architettonico fondamentale, il muro. Elemento di separazione tra spazio pubblico e spazio privato, con la sola eccezione del portale e di qualche piccola finestra che mostrava all'esterno un risvolto di colore.

Gli anni della calce

Era giugno di tanto tempo fa.

La memoria non è più così lucida,
i ricordi sono soffusi nelle sensazioni dell'entusiasmo,
nello stupore di tanta gente, per i muri bianchi!

I volti cotti dal sole incorniciavano sorrisi pieni di amicizia
e di spontanea partecipazione.
Le mani callose stringevano altre mani.

La lunga processione del Corpus Domini,
si snodava nelle strette strade imbiancate di calce,
i mattoni crudi si vestivano a festa con le frasche portate dai giovani
e con i primi colori sui muri.

Si iniziava inconsapevolmente la nuova storia di San Sperate,
una storia scritta con i colori dell'entusiasmo.

Pinuccio Sciola

Questi versi riescono ad evocare per immagini una San Sperate del 1968, capace di trasformarsi architettonicamente, socialmente e culturalmente. La trasformazione lega una storia personale, quella di Pinuccio Sciola, ad una storia collettiva, quella della sua comunità. Al tempo artista ventiseienne, Sciola alternava periodi di permanenza nel suo paese a viaggi di studio attraverso l'Europa per frequentare importanti accademie d'arte. Ad ogni rientro in Sardegna il gap culturale tra lui ed i suoi amici cresceva, conducendolo ad un bivio: lasciare il suo paese per andare incontro ad un mondo ricco di stimoli creativi o lavorare affinchè quel mondo potesse entrare a far parte del suo paese.

La scelta della seconda strada coinvolse tanti giovani sansperatini che, nel giugno del 1968, armati di calce trasformarono un paese di terra in un paese dai muri bianchi, muri che si apprestavano a divenire un nuovo ambito progettuale.


Uno scorcio di San Sperate fotografato da Nanni Pes nel 1968

Il muralismo

Per “portare il mondo a San Sperate” non erano certo sufficienti i muri bianchi, ma il dare la calce aveva permesso di plasmare una base sociale (una comunità aperta al cambiamento ed alla novità) e una base architettonica (muri bianchi sui quali scrivere una nuova storia). Così, guidati da Pinuccio Sciola, giovani e bambini di San Sperate iniziarono a disegnare sui muri del paese e con loro tantissimi artisti provenienti da ogni parte del mondo. Il muro, da elemento di separazione tra spazio pubblico e spazio privato, nel 1968 si trasformava in elemento di unione, un supporto alla partecipazione sociale di una comunità capace di ricostruire la propria identità e di aprirsi a realtà culturali esterne.


Il primo murales pittorico realizzato da Foiso Fois e molti altri partecipanti

Da quel momento il Paese Museo, così ribattezzato, diventata un forte richiamo per artisti di tutto il mondo, che ogni anno lavorano per le strade di San Sperate (negli ultimi due anni sono stati oltre cento gli artisti stranieri). L'importanza di questo movimento non è  rappresentata tanto dal fattore artistico, quanto piuttosto dal fattore socio culturale. Come Pinuccio Sciola sottolinea: "il murale è un pretesto per stare insieme, per confrontarsi, per aprirsi al mondo ed esserne parte".


Una delle foto più suggestve di Nanni Pes

Dopo quasi 40 anni

Questo passato, così denso di emozioni e di valori, caratterizza le persone che quella storia l'hanno vissuta, ma al contempo scarica sulle loro coscienze un peso, il peso del confronto. Così, a quaranta anni di distanza, la magia del Paese Museo la vivono maggiormente gli artisti stranieri che continuano a lavorare nelle sue strade, alcuni nuovi residenti spesso incantati dalla sola componente estetica e altri, interessati al solo aspetto turistico-economico. La considerazione malinconicamente delusa “Bello, ma nel '68...” segue ad ogni nuovo intervento artistico, culturale o architettonico che non può fare a meno di confrontarsi con il passato, quel passato che gli anziani sentono ormai lontano e di cui i giovani non si sentono parte.
L'affievolirsi del senso di identità e di appartenenza ad un luogo è un fenomeno da non sottovalutare. Per questo motivo bisogna guardare con grande attenzione ad interventi, sviluppatisi in questi ultimi anni, che sono sintomatici di un tentativo di riscoperta del Paese Museo, quali Cuncambias 07 e Noarte 07.

Cuncambias 2007. Il mare a San Sperate

Estate 2007. Fervono i preparativi del Festival di cultura popolare “Cuncambias”, tema proposto alla comunità “San Sperate e il suo mare: storie bugiarde”.
La presentazione dell'evento, scritta dallo scrittore sansperatino Giacomo Casti, si chiudeva con queste parole: “San Sperate e il suo mare, è dunque un titolo, una suggestione, un invito, fors’anche una bugia, ma una di quelle bugie che se raccontate da uno solo fanno poco, se raccontate da tanti, da tutti, diventano cambiamento e verità. Senza dover per forza portare il Poetto qui da noi. O forse…”.

I fotomontaggi di Gabriele Schirru.

E quella suggestione l'ha colta l'architetto sansperatino Gabriele Schirru, che scegliendo degli scorci rappresentativi del paese, si è divertito a portare virtualmente il Poetto a San Sperate, creando una collezione di fotomontaggi singolari, delle vere immagini bugiarde.


Uno dei fotomontaggi dell'Architetto Schirru

Le strade blu.

Per  Giulio Landis, direttore artistico della manifestazione, questo non basta: “portare il mare dove non c'è è stata impresa ardua, tante le idee e le sensazioni che si susseguirono ad imitare il moto ondoso. Proiettare immagini sulle strade, in alcuni punti prestabiliti, è stata una, ma l'idea non rendeva l'immensità che si voleva trasmettere, raccontare. Erano piccole porzioni di un mare che non c'era. Sullo sfondo della piazza del quartiere San Giovanni rimaneva in secca la barca portata lì ed utilizzata quale palco per diverse performance. Si aveva bisogno di un mare sul quale navigare e camminare. Si acquistarono sacchi di grassello (calce liquida) ai quali fu unita della colla vinilica con l'aggiunta di colore, un bellissimo azzurro che ricordasse i fondali marini della Sardegna. Il tutto venne miscelato insieme, litri e litri che inondarono le strade del rione con il supporto di atomizzatori, normalmente utilizzati in agricoltura. Nacque così un mare che si sostituì alle strade che accolsero, prima che il colore, un'idea. Strade colorate per un'intera estate, che ancora oggi conservano ancora qualche traccia di azzurro a ricordo di un mare bugiardo”.

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Una immagine delle strade durante la manifestazione Cuncambias del 2007

Noarte 2007. Il colore e lo sguardo

A pochi mesi di distanza, nell'ottobre 2007, le tracce di azzurro  lasciano spazio ad una vasta gamma di colori. Si intraprende un nuovo progetto!

Sotto la guida di Mariano Corda, Raffaele Muscas e Pinuccio Sciola i giovanissimi prendono parte al ridefinizione del colore di strada. Alcune strade hanno dei colori piatti, altre si trasformano in veri e propri quadri orizzontali.


Una strada di Noarte 2007


I ragazzi delle scuole elementari e medie decorano via Santa Prisca inquadrati da Attila Kleb